mercoledì 6 dicembre 2017

LA MOTIVAZIONE

LA MOTIVAZIONE

INTRINSECA: 
L'apprendimento è molto condizionato dalla motivazione che può essere intrinseca o estrinsica.
 La motivazione è intrinseca quando è costituita dalla curiosità: una sorta di "motivazione cognitiva", in altri casi è il piacere che si prova nel fare qualcosa :in molti casi i calciatori che, pur essendo ben pagati, si sentono frustrati se confinati "in panchina".
Il ruolo della motivazione intrinseca è stato dimostrato in alcuni esperimenti condotti nel 1949 da Herry Harlow (1905-1981) e due suoi allievi su otto macachi(una specie di scimmia)sottoposti a gioci di intelligenza, come la soluzione di puzzle o di "rompicapo"(per esempio sollevare un gancetto).
Le scimmie premiate con dosi di cibo ottenevano risultati inferiori rispetto alle scimmie che non ricevevano riconpensa e che giocavano per il puro piacere di farlo.L'esperimento dimostra che il rinforzo "uccide" la motivazione intrinseca, basata sull'interesse in sé.
lo psicologo statunitense Edward Deci ha dimostrato nel1971, con esperimenti ugualmente basati sulla rivoluzione di un puzzle, che anche nell'essere umano diminuisce la motivazione intrinseca quando si agisce in vista di un premio e non per soddisfazione.

 ESTINSECA:
 In pedagogia si parla di motivazione estrinseca quando un alunno si impegna nello studio per motivi esterni, per ricevere cioè un premio, un bel voto, una riconpensa, una lode... o evitare le conseguenze spiacevoli come un brutto voto, una punizione, un rimprovero,...
 Nonostante la motivazione intrinseca costituisca una spinta impoortante nell'apprendimento, non si deve trascurare l'importanza della motivazione estrinseca. Di fatto un premio,una umento di stipendio, l'approvazione dei genitori sono motivi frequenti dei nostri comportamenti.

Anche lo stato d'animo svolge un ruolo importante, lo psicologo statunitense John W. Atkinsons (1923) ha individuato la seguente relazione:
  • tendenza al successo --> fiducia
  • tendenza ad evitare il fallimento --> paura
nel primo caso le persone sono spinte ad affrontare anche compiti difficili, ma che ritengono fattibili; nel secondo caso scelgono compiti facili, oppure talmente difficili da giustificare il fallimento.

lunedì 2 ottobre 2017

LA TEORIA SISTEMICA

LA TEORIA SISTEMICA

La psicologia sistemica analizza la relazione educativa partendo da due presupposti: tutto è comunicazione e il mondo psichico è un sistema, ossia una totalità nella quale il mutamento di una parte influenza tutte le altre. 
    Secondo Paul Watzlawick* (1921-2007), uno dei più noti esponenti dell'approccio sistemico, per spiegare un singolo fenomeno bisogna prendere in considerazione tutto il suo contesto. Ciò significa che, per esempio, l'improvviso insuccesso scolastico di un ragazzo può essere spiegato esamionando i contesti di vita del ragazzo.
    La teoria sistemica fornisce delle indicazioni all'educatore:
  • L'educatore, nel contesto della classe, deve favorire la riorganizzazone interna ogni volta che un nuovo elemento turba l'equilibrio pprecedente
  • Nel  gruppo egli deve individuare  le persone-chiave, il cui mutamento di atteggiamento rende possibile il mutamento collettivo
  • Tiene sotto controllo l'ansia o stimola l'attenzione quando si presenta un problema o viene assegnato un compito: un'ansia eccessiva, infatti, può spingere alla fuga di fronte al compito da affrontare , mentre un livello troppo basso di ansia determina una bassa motivazione. Ogni volta che un problema viene risolto, si crea un nuovo tipo di stabilità dinamica, una nuova organizzazione cognitiva, una diminuzione dell'ansia e un'accresciuta autostima .
L'approccio sistemico sostiene che le abilità relazionali dell'educatore sono strutture interazionali, l'educatore quindi deve saper interagire sia con il singolo sia con il gruppoe deve indirizzare il circolo comunicativo in una direzione comune.



*https://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Watzlawick   

LA TEORIA UMANISTA

LA TEORIA UMANISTA

    Mentre la psicoanalisi si concentra sulle motivazioni profonde dei comportamenti di alunni e docenti, la psicologia umanistica prende in esame il comportamento del docente e i suoi effetti sull'alunno.
     Il principale esponente di questa corrente della psicologia, Carl Rogers* (1902-1987), ha elaborato una forma di psicoterapia basata sul rapporto di parità tra terapeuta e paziente. Ispirandosi a questo approccio, un insegnamento, per risultare efficace e significativo, deve essere flessibile e spostare il suo interesse dai contenuti al protagonista della relazione educativa, ovvero l'alunno.
    Una pratica didattica ispirata alla teoria umanista, secondo Rogers, richiede tre atteggiamenti chiave:
  • autenticità o congruenza
  • considerazione positiva incondizionata
  • comprensione empatica
     Questi atteggiamenti sono in stretto rapporto tra loro: l'educatore deve porsi dal punto di vista dell'allievo (empatia), senza formulare giudizi perentori o imporre cambiamenti di comportamento (considerazione positiva incondizionata) per indurre l'allievo a conoscere se stesso e a stabilire una continuità (congruenza). Rogers sostiene che la scuola debba preparare gli alunni ad adeguarsi alla società in continuo cambiamento. Inoltre l'educatore deve insegnare ad imparare, fornire agli alunni strumenti per poter usare adeguatamente le proprie conoscenze. L'allievo dovrà essere in grado di valutare da solo l'apprendimento avvenuto (autovalutazione). Questo meccanismo è utile per raggiungere il successo scolastico. Questo processo favorisce la metacognizione, ovvero l'autovalutazione dei risultati ottenuti.

LA TEORIA PSICOANALITICA

LA TEORIA PSICOANALITICA

Secondo la psicoanalisi la classe è il campo di un incontro di forze inconsce, che emergono attraverso una grande varietà di sintomi: esplosioni di collera, forme di mutismo,  insuccessi scolastici.
eventi che possono sconcertare e sembrare privi di ragioni .
La psicoanalisi invita a interpretare tali sntomi e a ricercare le cause profonde che ne sono l'origine,senza trascurare la storia personale di un bambino o di un adolescente.
La psicoanalisi aiuta a chiarire la ricchezza della relazione educativa.

Per esempio, mette in luce i fenomeni di transfert, con i quali, a scuola, i ragazzi proiettano sull'insegnante i rapporti che hanno con i loro genitori: per un adolescente, la riuscita scolastica, puo essere una vincita verso il padre; un altro invece può provocare il professore per mettersi alla prova e dare sfogo alle proprie pulsioni.
Nella scuola, come in molti ambiti dlla vita quotidiana, è possibile che si manifestino fenomeni di proiezione: quando qualcosa, all'interno della nostra psiche, è avvertito come pericoloso, viene inconsapevolmente proiettato all'esterno. 
Per esempio, un ragazzo che teme di essere timido, può proiettare questo suo timore su un compagno di classe, che tratterà in un modo sgarbato e scoretto.
L'immagine di sè stessi si costruisce attraverso un lungo percorso, a partire dal rapporto con la madre e con altre figure di riferimento. In ogni relazione incide profondamente sul
, modo di comportarsi.
La psicanalisi offre all'insegnante strumenti utili per capire non solo gli studenti ma anche se stesso. 
Gli atteggiamenti dell'insegnante, per esempio , sono riconducibili a conflitti infantili con i genitori o figure educative particolarmente autoritarie o prive di fermezza.
Secondo la psicoanalisi, dunque, nel rapporto con gli allievi, l'insegnante è spinto a rivivere la propria infanzia.


Lungi dall'essere un elemento di debolezza, questo fenomeno, se adeguatamente compreso fornisce al docente un chiave per meglio capire i comportamenti degli allievi.
Controllando le proprie emozioni, il maestro può rispondere adeguatamente ai comportamenti inconsci del bambino e dell'adolescente e aiutarlo a risolvere le difficoltà eventualmente incontrate.